Nino Rota, divino compositore di musiche da film e non solo.

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Nato a Milano nel 1911, Nino Rota, muore il 10 aprile 1979 all’età di 68 anni. La musica italiana e il cinema perdeva uno dei talenti più eclettici italiani. Famoso in tutto il mondo per le sue colonne sonore. Autore di commedie liriche e drammi, di pagine strumentali e vocali. Il suo geniale talento e la grande amicizia con Fellini.

Il 10 aprile di trentatré anni fa la musica e il cinema italiani perdevano un compositore talentuoso ed eclettico come Nino Rota. Quando si ha a che fare con artisti del suo calibro anche solo enumerare le musiche da film realizzate diventa un’impresa titanica. Perché la sua carriera è piena di capolavori.

Il compositore milanese ha scritto le musiche di quasi tutte le pellicole di Federico Fellini (da “Lo sceicco bianco” a “I vitelloni”, da “Il bidone” a “Le notti di Cabiria”, da “La dolce vita” a “8 e ½”, da “Fellini Satyricon” ad “Amarcord”), quelle dello straordinario gioiello di Mario Monicelli “La grande guerra”, e di altre pellicole che hanno segnato il cinema italiano come “Rocco e i suoi fratelli” e “Il Gattopardo” entrambi di Luchino Visconti e della grande saga di “Il padrino” e “Il padrino – parte II” di Francis Ford Coppola. Scontato che tra i riconoscimenti ricevuti in carriera vi sia anche un Oscar, ottenuto per la miglior colonna sonora, nel 1975, de “Padrino parte II” (scritta insieme a Carmine Coppola).

La collaborazione tra Fellini e Rota (tra i due vi fu un rapporto di amicizia e di stima) rappresenta un caso unico nella storia del cinema italiano, che inizia nel 1952 con “Lo sceicco bianco” per arrivare fino al 1978 con “Prova d’orchestra”. L’intesa tra i due è talmente spontanea e profonda da apparire quasi magica. Rota riesce ad entrare in sintonia con le idee registiche di Fellini e a trovarne gli equivalenti musicali. Questa disponibilità all’ascolto si accompagna a una straordinaria dote di eclettismo che lo porta ad affrontare qualsiasi genere, dalla musica colta ed elevata a quella popolare (in questo senso trova la linea per seguire l’amore del regista per i motivetti e i ritmi accentuati). Questo rapporto artistico straordinario si conclude drammaticamente nel 1979. Fellini deve iniziare le riprese de “La città delle donne” e comincia a discutere del progetto con Rota, ma il 10 aprile un infarto pone fine all’improvviso alla vita del grande compositore. Per Fellini è come perdere un fratello, e anche a livello artistico riprodurre con altri l’alchimia esistente con il compositore milanese è compito ai limiti dell’impossibile: “Sul piano creativo, poi, è come aver perso un braccio: sostituire Rota sarà considerato un compito impossibile dai musicisti chiamati a riempire il vuoto”.

Altri grandi registi italiani si avvalsero delle musiche di Nino Rota: Luchino Visconti utilizza le musiche di Rota per drammatico racconto delle vicissitudini di una famiglia di contadini lucani che si trasferisce a Milano nel periodo del boom economico, “Rocco e i suoi fratelli”, per la grandiosa rappresentazione del comportamento dell’aristocrazia siciliana dopo lo sbarco di Garibaldi in Trinacria de “Il Gattopardo”, film tratto dall’omonimo romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa e per “Le notti bianche”. Per Mario Monicelli scrive le musiche de “La grande guerra”, straordinaria pellicola con Alberto Sordi e Vittorio Gassman. Per Francis Ford Coppola scrive quelle per la grande saga su una famiglia mafiosa di origini siciliane in America de “Il padrino” e “Il padrino – parte II”. Mentre per Franco Zeffirelli compone le musiche di “Romeo e Giulietta”, una delle più riuscite versioni cinematografiche del capolavoro shakespeariano.

Nella realtà, però, quello delle colonne sonore è solo uno degli aspetti dell’opera di Rota. Artista eclettico, ha una formazione importante (si diploma in composizione a Santa Cecilia nel 1930 mentre nel 1937 si laurea in lettere a Milano con una tesi sul frate francescano, compositore e teorico musicale  Gioseffo Zarlino, che grazie ai suoi trattati determinò lo sviluppo della teoria musicale). Inizialmente si dedica alla composizione di musica sacra (appena dodicenne esegue un oratorio da lui stesso composto “L’infanzia di San Giovanni Battista”). Rota ha realizzato una produzione teatrale che comprende, tra gli altri, lavori quali “Ariodante”(1938 -1941), “Il cappello di paglia di Firenze” (1955), “La notte di un nevrastenico” (1959), “La visita meravigliosa” (1965-1969), musiche per sinfonia e orchestra come “Concerto per arpa e orchestra” (1948), “Meditazione per coro e orchestra”, (1954), “Concerto per orchestra” (1958), e musica da camera “Sonata per viola e pianoforte” (1934-1935), “Sonata in Re per clarinetto e pianoforte” (1945), “Sonata per ottoni e organo” (1972).

  • Sonata in Re per clarinetto in La e pianoforte

 

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Allegretto scorrevole : Il movimento inizia con l’esposizione, da parte del clarinetto, del primo tema di andamento grazioso e dolce, in figurazione di terzine fluenti, ora ascendenti ora discendenti, nel contesto di una lunga frase musicale di schumanniana reminiscenza. A questa segue, dopo un breve incipit del tema da parte del pianoforte, un passaggio modulante del clarinetto, costituito da accenni del tema esposto arricchiti da rapidi arpeggi che portano all’esposizione, da parte del pianoforte, del secondo tema, caratterizzato da un andamento più tranquillo. Successivamente, il clarinetto si inserisce su questo tema esposto dal pianoforte, attraverso una figurazione di sostegno armonico in progressione e con brevi interventi modulanti, costituiti da figurazioni tematiche del primo e secondo tema, che sfociano in un breve solo espressivo del clarinetto, nella tonalità di Mi minore, sulla figurazione del tema iniziale del movimento, quasi come a voler creare un momento di riflessione intima del movimento. Dopo questa “oasi riflessiva” temporanea, il clarinetto riparte con ritrovato slancio, riproponendo la figurazione arpeggiata proposta precedentemente, alla fine della quale lascia spazio al pianoforte, il quale ripropone il secondo tema con la melodia spezzata da accordi modulanti, che preparano l’ingresso del clarinetto che riespone lo stesso tema eseguito una terza sotto alla tonalità di impianto, in modo più cantato e contemplativo, e subito dopo con l’utilizzo dell’incipit del primo tema in progressioni modulanti, che culminano nella ripresa del secondo tema nella tonalità di impianto. Successivamente, grazie ad un pedale armonico del clarinetto sulla progressione modulante del pianoforte, si arriva all’esposizione del primo tema, da parte del clarinetto, però nella tonalità di Re maggiore, a cui segue, sempre nella stessa tonalità, la riproposizione del primo tema variata, con figurazione di rapidi arpeggi di sestine, da cui si giunge, dopo un disegno melodico discendente, alla ripresa del primo tema nella tonalità di impianto, che chiude il movimento dopo una breve coda a mo’ di commiato.

Andante (quasi adagio) :  Incentrato su una costruzione tripartita (A-B-A), il secondo movimento della sonata costituisce il movimento contemplativo dell’intera composizione, e questo lo si deduce già dall’esposizione del primo tema, in Fa minore, che il maestro Rota affida all’impareggiabile espressività timbrica del clarinetto, che colora un tema dal carattere misterioso, tema che sembra uscito dalla colonna sonora di una scena di un film, mentre il pianoforte ricama l’idea melodica con una linea sincopata nel basso, con la funzione di accentuare l’atmosfera di mistero che si respira in questo movimento, e lo fa per quasi tutto il movimento. Terminata la sezione tematica A del movimento, la B è caratterizzata da un altro tema dolce nella tonalità di Re maggiore, di andamento più fluido, che attrae per il contrasto ritmico tra la melodia in suddivisione binaria del clarinetto e il disegno arpeggiato in terzine del pianoforte. La dolcezza di questa melodia viene interrotta dal sopraggiungere di un altro tema, di carattere più mosso e ansioso (come indica lo stesso compositore in partitura) che crea un momento di disturbo e di contrasto con la melodia precedente. Come alla fine di ogni tempesta giunge la quiete, così il tema di carattere più mosso e spigoloso si attenua, lasciando spazio alla ripresa del tema della prima sezione A, tema ripreso dal pianoforte e successivamente dal clarinetto, però all’ottava bassa, mentre il pianoforte lo accompagna con una linea armonica in terzine sincopate nel basso, quasi come una ripresa variata. Si arriva al termine del movimento dopo una coda espressiva affidata al clarinetto, in cui in cinque misure disegna una scena, che fa pensare ad un bellissimo tramonto che saluta il giorno che se ne

Allegro scorrevole : Il terzo tempo della sonata inizia con un tema puntato e molto scorrevole del clarinetto, nella tonalità di Re maggiore, mentre il pianoforte lo accompagna con un disegno ritmico acefalo della mano sinistra. Successivamente il tema puntato viene ripreso dal pianoforte, che lo esegue in modo modulante e in dialogo col clarinetto. Alla fine del dialogo il pianoforte espone il secondo tema, caratterizzato da un inizio sincopato e presentato nella tonalità di La minore, il quale viene ripreso successivamente dal clarinetto e ampliato con una progressione armonica discendente, alla cui conclusione il pianoforte si inserisce con l’esposizione del primo tema, mentre il clarinetto che lo aveva  già esposto, tace. Alla fine dell’esposizione del primo tema da parte del pianoforte, il clarinetto entra con un disegno ritmico del primo tema trattato in modo modulante, andando a creare un ponte modulante che prepara alla modulazione successiva nella tonalità di Si b maggiore. Qui l’incipit del primo tema, che diventerà ridondante e quasi ossessivo per tutto il resto del movimento, viene ora trattato in forma ciclica modulante in dialogo col pianoforte, il quale addirittura lo esegue marcatamente anche all’ottava superiore, mentre il clarinetto risponde con arpeggi di semicrome in modo sempre più stretto e ravvicinato, fino ad arrivare alla stretta dell’episodio modulante, che sfocia nel tema principale ripreso dal clarinetto, sempre in tonalità di Si b maggiore, ma con il pianoforte che lo rende più mosso, grazie soprattutto alla successione di terzine eseguite sia della mano sinistra che dalla destra. Al termine della successione delle terzine del pianoforte, il pianoforte, dopo un breve passaggio di transizione, riporta tutto nella tonalità di impianto del movimento, evidenziato dal pedale di dominante trillato del clarinetto, mentre il pianoforte riespone il secondo tema, che subito dopo passa al clarinetto. Dopo che il clarinetto ha finito di riesporre il secondo tema, ci si trova immediatamente davanti ad un cambio repentino di moto (un poco più animato), con il clarinetto che esegue una melodia in terzine, mentre il pianoforte svolge nel basso una figurazione in sincopato, che innesca un aumento di tensione musicale. Questa tensione non si placa, ma al contrario aumenta anche per la presenza di figurazioni ritmiche a canone e in progressione tra i due strumenti, e ancor più accentuata dall’ossessivo rimarcare dell’incipit del primo tempo da parte del pianoforte. La tensione al suo culmine sfocia nella stretta finale dell’Animato, sempre con la cellula del primo tema ora affidata al clarinetto, e che successivamente, dopo una successione di arpeggi virtuosistici in terzine, chiude il movimento.

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